Ritorno in pubblico al Gay Village

Alla cerimonia di premiazione degli Italian Gaymes 2018

Dopo l’intervento seguito alla caduta accidentale e dopo il necessario periodo di convalescenza e di riabilitazione, il 14 luglio 2018 Maria Laura ricompare in pubblico sul palco del Gay Village alla cerimonia di premiazione degli Italian Gaymes 2018. Sul palco con lei Adriano Bartolucci Proietti.

Le “Api Regine” della Compagnia Teatrale I Beerbanti DGP

Serie e autoironiche le donne della Compagnia teatrali I Beerbanti DGP

Le “Api Regine” raccontano l’universo femminile

di Emilio Sturla Furnò pubblicato il 21 agosto 2017 su Pride online

La locandina dell’evento

Donne, politicamente scorrette, eventualmente lesbiche ed addolorate. Sono le “Api Regine” protagoniste dello spettacolo della Compagnia Teatrale I Beerbanti DGP, presentato in anteprima nazionale al Gay Village l’altra sera. Irriverente, colma di turbamento e ironia amara, il progetto racconta con passione la realtà dell’universo femminile, le contraddizioni apparenti i sogni, le aspirazioni. Lo sguardo degli altri incombe sui personaggi come il peggior giudice di ogni scelta. La realtà quotidiana soffoca le ambizioni e i desideri. Il modo migliore per sopravvivere è creare un pretesto per sentirsi fondamentali per qualcosa o per qualcuno.

Con la direzione artistica di Maria Laura Annibali e la regia di Maria Chiara Cucinotta, le api regine in scena sono le giovani Maria Giornano, Isabella Sanpietro e Alessia Belli.

Maria Laura Annibali lavora con Maria Chiara Cucinotta da circa dieci anni, sfidando ogni preconcetto. “Il laboratorio teatrale” – spiega Annibali – “è partito da zero, senza finanziamenti e agevolazioni. Oggi vanta numerose collaborazioni con istituzioni e simpatizzanti. Il merito va anche al nostro inguaribile entusiasmo e al fatto che la porta è aperta a tutti, senza distinzioni di genere, orientamento sessuale, religione, capacità tecnica. Anche il Teatro può fare la differenza in un mondo che tende ad essere sempre più duro e feroce”. 

La Compagnia Teatrale I Beerbanti è una realtà potente e innovativa, che oltrepassa i luoghi comuni e si manifesta oltre qualsiasi preconcetto, anche quelli scomodi da contestare dell’allestimento classico teatrale. I loro spettacoli prendono vita da oltre dieci anni, sfidando la logica delle produzioni canoniche, senza urlare ma protestando silenziosamente. Piace che riempiano un vuoto, raccontando storie non per forza semplici, ma espresse con strumenti diretti e neo realisti: uno studio scenico profondo eseguito con tanta apparente semplicità da consentire a chiunque di vivere in tempo reale le emozioni dei personaggi in scena.

2/09/2016 – Sinestesia, Gay Village

Venerdì 2 settembre 2016 la compagnia teatrale “I Beerbanti” del Di’Gay Project presenterà lo spettacolo Sinestesia, con testo e regia di M. Chiara Cucinotta, direzione artistica di Maria Laura Annibali e assistente alla regia Isabella Sanpietro.

sinestesia

Sinestesia stimola i sensi come un rum ghiacciato: brucia sotto la pelle dolce e amaro, pizzica nella gola,  aumenta i battiti e fa girare la testa.

Racconta la storia di ognuno di noi anche da ubriachi, folli, persi: comunque e sempre alla ricerca di qualcosa.

E’ la storia di nostro padre e di nostra madre, dei nostri nonni, di chi ci ha preso a calci.

Di chi ci ha amato e di chi abbiamo odiato.

Appuntamento ore 21 presso il Gay Village di Roma, al Parco del Ninfeo (Via delle Tre Fontane, 2).
Ingresso gratuito dalle 19 alle 21, oltre le 21 prezzo di ingresso €13.

Per saperne di più, clicca qui.

Gay Post – Italian Gaymes al traguardo

Sabato 9 luglio 2016 si è tenuta la premiazione degli Italian Gaymes (alla loro terza edizione) presso il Gay Village di Roma.

Maria Laura Annibali ha partecipato all’evento in qualità di Madrina d’eccezione, consegnando le medaglie e le coppe alle squadre vincitrici.

Gay Post ne ha parlato in questo articolo.

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Un premio in onore di Maria Laura Annibali agli Italian Gaymes per il suo impegno di attivista LGBT.

Job Acts con i Beerbanti del DGP

Commedia scritta e diretta da Maria Chiara Cucinotta

La locandina dello spettacolo

Giovedì 10 settembre 2015 al Gay Village, la Compagnia Teatrale I Beerbanti, compagnia teatrale sorta all’interno del Di’Gay Project, sotto la Direzione Artistica di Maria Laura Annibali e la regia di Maria Chiara Cucinotta, porta in scena Job Acts.

Un progetto artistico più che mai aderente alla realtà dei nostri tempi 2.0, dove ogni giorno ognuno di noi deve reinventarsi per andare avanti, per trovare uno spazio adeguato ai propri bisogni: una vasta gamma che va dal lavoro alla famiglia, alle aspirazioni personali e all’interazione con la pesante burocrazia dell’amministrazione pubblica. Forse gli stessi attori hanno recitato se stessi per dichiararsi al pubblico e di riflesso alla società per quello che sono veramente, aldilà dei titoli di studio e dei curricula. […] Il siparietto finale con l’entrata in scena della direttrice artistica della compagnia teatrale, Maria Laura Annibali, offre agli spettatori l’assaggio più vero o meglio realistico dell’incontro tra la dimensione esistenziale di una donna non più giovane – ma ancora molto attiva – alla ricerca di certezze in una società in continuo movimento e il mondo esterno senza speranza di punti fermi” (Karmel Attolico per il sito del Di’Gay Project).

Il video della performance di Maria Laura:

“Una commedia fatta di caratteristi che vestono i panni di idraulici, operatori di call center, camerieri, architetti … e che sono “anche” gay, lesbiche, etero, trans o bisessuali.
Spiega la regista, Maria Chiara Cucinotta:
“Job Acts vuole essere il veicolo con il quale ognuno di noi ogni giorno può raccontare dell’incapacità di comunicare sinceramente nel nostro mondo. Uno spettacolo che racconta con incredibile ironia come qualsiasi titolo di studio o esperienza non abbiano senso. Come nessuno dei nostri simili sia in grado di ascoltarci e rispettarci per quello che siamo. Una critica sardonica e dissacrante che urla nascondendosi in risate amare”. Il gruppo de I Beerbanti ha meno di un anno di vita come compagnia teatrale ed è interamente formato da attori amatoriali; si sono posti un’unica regola: non interessano l’inclinazione sessuale, l’età, la preparazione tecnica e la lingua nativa dei partecipanti” (Elena Mattirolo per il sito ilprofumodelladolcevita.com).

La locandina dello spettacolo

Replica il 19 dicembre 2015 al Teatro Orologio di Roma.

Lidia Borghi – Io urlo, quindi sono!

Un articolo scritto da Lidia Borghi.

Omaggio allo spettacolo teatrale di Danilo Gattai

Metti una sera d’estate. L’aria è fresca, piacevole dopo l’ennesima afosa giornata romana. Ti ritrovi davanti ad un palco i cui riflettori sono spenti. Per ora. Tra poche ore le tavole di quel palcoscenico si animeranno.

Metti che un gruppo di persone prenda posto, nella penombra, in una platea improvvisata e che, d’un tratto, le luci si accendano. Ed ecco che una danzatrice muove i primi passi sulle tavole di legno del palco. Ha il volto seminascosto da una coltre color rosso scarlatto, lo stesso che tinge il sangue che scorre nelle vene. Quel sangue è il fluido più prezioso del protagonista di un lavoro teatrale assai innovativo. Un sangue corrotto, infetto, scabroso, ma solo per chi tale lo considera.

La danzatrice continua leggiadra il suo volo, metafora della vita dell’interprete principale di I cum, ergo sum, scritto e diretto da Danilo Gattai, attore ed autore teatrale di grande talento che, all’interno dei laboratori teatrali organizzati dal Di’ Gay Project, ha messo su uno spettacolo inusuale, crudo, intelligente, mai banale, ricco di spunti di riflessione, incentrato sul tema dell’omosessualità maschile in tutte le sue sfaccettature.

Dalla presa di coscienza dell’orientamento omosessuale alla ricerca dell’altro; dalla frequentazione assidua dei luoghi delbattuage allo scontro con persone che sono alla ricerca di sesso facile e veloce, che non lasci traccia, se non nell’anima di chi vuole di più, vuole andare oltre, vuole giungere al cuore del maschio di turno; dallo scontro aperto con ragazzi dalla doppia vita, normali di giorno ed omosessuali di notte – con fidanzata a carico – fino alla scoperta della sieropositività.

E poi c’è quella madre, al cui personaggio appartengono le battute iniziali dello spettacolo, così come quelle finali: è lei il fulcro di tutto, è lei la genitrice di cotanta diversità, è lei che sospetta ma non interviene, subodora ma è impotente, capisce ma non comprende. Non può, non ne ha i mezzi, civili prima ancora che personali. È la società cui la donna appartiene a non capire, essa per prima, che si può nascere maschi e, malgrado ciò, amare persone appartenenti al proprio sesso. Malgrado… Mal grado: è così che appaiono i froci agli occhi della gran parte della gente, un grado tristo, cattivo, una categoria che a mala pena – a stento – arranca nella società, ne vive ai margini, viene schifata dai “normali”, viene vilipesa, infamata, offesa, stigmatizzata.

E quella madre è sempre lì, a ricordare al nostro uomo il suo stigma. Lei, con indosso una vestaglia rossa, sciatta quanto basta per trasmetterci la sua resa di fronte ad una vita che è troppo dolorosa, farà da cornice all’intera rappresentazione, durante la quale le diverse voci del diverso, il protagonista, vengono rigettate addosso alla platea silenziosa, attonita, commossa, da cinque ragazzi. Cinque differenti livelli di dolore ed altrettanti temi scottanti che, per tono e crudezza, giungono sui visi delle persone spettatrici come tanti schiaffi.

Dal disgusto alla profonda umanità, che traspare dalle battute dei cinque interpreti, la voce narrante attraverso di loro parla, urla, piange, strepita, si addolora, riesce vincitrice dall’improba lotta con una vita che la gente comune vorrebbe corrotta dalla cosiddetta peste del ventesimo secolo. Come un povero cristo che si divincola per liberarsi dei chiodi di una croce chiamata HIV, il protagonista della pièce teatrale riesce ad uscire dalla presa mortale di un virus che, fino a pochi anni fa, non lasciava scampo e che oggi, grazie ad una terapia mirata, sta garantendo un’alta qualità di vita a tante persone, in Italia.

E la trasandata madre resta lì, a meditare sui suoi dolori, sempre più incapace di gestire quel figlio scomodo; preferisce tacere, intenta ad ultimare il suo lavoro al tombolo, mentre il tempo passa e il protagonista continua ad ammucchiare, in un angolo del suo cuore infranto, storie storte con uomini dalla mentalità distorta, abituati a simulare e dissimulare, a mentire ed infangare, a scopare ed a piangersi addosso.

E la voce narrante insiste, attraverso i cinque alter ego, nel rivendicare la sua identità personale, forte più della morte: «Io sono altro da quegli attimi rubati di sesso sfrenato! Io sono qualcosa in più di quelle masturbazioni feroci, di quella ricerca del piacere a tutti i costi! È mai possibile che l’omosessualità maschile sia una mera questione rettale? Io sono oltre gli abusi fatti alla mia anima, al mio cuore ed al mio corpo! Io sono oltre!» Oltre… Oltre le tenebre di troppe notti passate a scappare da sé, oltre la prigione delle menzogne, oltre la gabbia della sieropositività. “Si fotta la sieropositività! Io urlo, quindi sono!

La stanca madre è ancora lì, a dominare la scena. A lei spetterà l’ultima battuta, a lei l’uscita di scena; come è entrata, così ne uscirà, quando l’ultimo grido sarà uscito dalla gola delle cinque voci, quando l’ultimo loro gesto avrà smesso di espandersi verso il pubblico, quando l’ultimo passo della danzatrice, incollata ad una delle quinte, si sarà compiuto. Quando, infine, l’ultima lacrima del protagonista si sarà asciugata, segno che la lunga battaglia contro il dolore sarà stata vinta.

Per quella madre che non riesce ad essere dea madre, per una società che non riesce ad affrontare l’omosessualità senza inorridire, per il disgusto di coloro che si sentono infettati dalla diversità altrui, per la criminalità di chi sa dell’HIV ma continua a tacerne. Per costoro esisterà sempre una forma di riscatto. Essa ha a che fare con termini – che non sono solo parole – quali: identità personale, dignità e rispetto. Pietà per chi ama.

Grazie a Davide Cortese, Filippo Di Lorenzo, Ezio Di Maria, Mirko Ferramola e Danilo Zuliani, i cinque alter ego del protagonista.

Grazie a Maria Laura Annibali, la madre attonita.

Grazie a Danilo Gattai, il protagonista di un lavoro autobiografico che va oltre gli steccati del pregiudizio.

A teatro con I Cum ergo Sum

Un articolo scritto da Luca Scucimarra su http://www.ilcampidoglio.it riguardo alla commeddia I Cum ergo Sum, scritta e diretta da Danilo Gattai e interpretata da Maria Laura Annibali, Davide Cortese, Filippo Di Lorenzo, Ezio Di Maria e Danilo Zuliani:

Sul palco del Gay Village è stata rappresentata la commedia brillante, scritta e diretta da Danilo Gattai, “I cum ergo sum”. Un compendio dolce e crudele allo stesso tempo, che narra la vicenda di vita di un omosessuale, che riepiloga il proprio stare al mondo. Il Protagonista, consapevole già da ragazzo della sua omosessualità, cerca significati e sensi per irrobustire la storia della vita.
Riemergono in lui ricordi passati di quando da giovanissimo cercava esperienze di sesso e amore.
Così L´I cum, che sta ad indicare l´eiaculazione, è sicuramente un riferimento sessuale, ma che allude a quel “venire” verso un amore ambito e sognato. Passando da amori deludenti ad amori belli e piacevoli, sottolineando anche la duplicità delle azioni del vivere.
Nonostante le incomprensioni con la madre e l´apertura all´universo dell´AIDS il protagonista, sempre sorretto dalla forza dei propri sentimenti e dal volere andare incontro al mondo, non si arrende mai e viene pervaso dal senso di speranza e a cui consegue la sua consapevolezza di vivere: l´ergo sum.
I personaggi interpretati da Maria Laura Annibali, Davide Cortese, Filippo Di Lorenzo, Ezio Di Maria e Danilo Zuliani con una recitazione in bilico tra reale e illusorio hanno trafitto il pubblico nel cuore delle emozioni.
La Annibali ha dichiarato: “Fin dalla prima lettura ho provato un grande amore per questo testo crudo, sincero ma intensamente poetico, che Danilo Gattai ha regalato a tutta la comunità LGBTQ. Mi sento quindi onorata di essere mentore di un lavoro che, da fruitrice cinquantennale di teatro, penso meriti, dopo questo prezioso debutto (che ci ha permesso il Gay Village e la nostra grandissima Presidente del DGP Imma Battaglia) di essere portato sui massimi palcoscenici”.