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Recensione e intervista a cura Gaia Borghesi.
L’articolo è leggibile anche online sul sito CinemaGay.it

Nel doc “L’altra metà del cielo”, visto al 24 Torino GLBT Film Festival, Maria Laura Annibali intervista se stessa e altre donne omosessuali, per ripercorrere la storia e guardare al futuro del lesbismo italiano.
Molte di queste donne, fra cui Edda Billi, Rosina Giannandrea, Susanna Lollini, Isabella Morelli e Sara Muratore, parlano di politica (separatista), di femminismo, di mobilitazione, fino ad auspicare un’utopica sorellanza, una donnità dal sapore amazzonico.
Queste vengono poi interrogagete sui loro amori per spiegare il variegato universo lesbico: da chi è stata solo con donne fin dai tempi del difficile coming out negli Anni ’30 a chi ha avuto un’importante storia di sette anni con un uomo prima di accorgersi e di accettarsi.
Si parla poi di amore poetico e di amore vissuto attraverso la spiritualità. Molto importante il discorso sulla fede: si può essere omosessuali e credenti allo stesso tempo?
“L’Altra Metà del Cielo” mette in discussione un altro cliché: il tradimento. Si pensa sempre che gli omosessuali siano più sensibili, più dolci ecc., ma che siano incapaci di far perdurare una storia, si pensa che gli omosessuali siano promiscui piuttosto che fedeli. Viene da chiedersi ma è proprio vero che l’orientamento sessuale influenzi l’effettivo comportamento sessuale di una persona? Personalmente ritengo che sia piuttosto la società, con i suoi pregiudizi e la sua intolleranza, ad aver determinato questo cliche, tanto che ora rimane cieca e sorda davanti al cambiamento sessuale in atto da diversi anni ormai per paura di dover ammettere davanti a se stessa che si sbagliava e che certi diritti (e doveri) sono inviolabili e spettano a tutti. In effetti ogni persona è più o meno fedele indipendentemente dal fatto che sia etero o omosessuale e il tradimento fa male comunque e infatti un’intervistata dice candidamente che le dinamiche affettive relative al tradimento riguardano da vicino anche la comunità omosessuale. Dopotutto non si vuole essere superiori a nessuno, diciamo soltanto uguali…
Maria Laura Annibali, ideatrice e sceneggiatrice del documentario, indaga anche la questione dell’età, sradicando il pensiero secondo cui una giovane (o un giovane) sia più bella solo perchè ha la pelle liscia, il corpo perfetto e i capelli luminosi, che poi però ha ben poco da dire. Molte delle intervistate parlano amichevolmente di compagne “babbione”, ma ne parlano i toni buoni, si sentono amate da queste donne e le amano a loro volta. Forse è più bello un viso sulla cui pelle le rughe abbiano disegnato una storia, una vita da raccontare.
Si accenna infine al fatto che parole come “lesbismo”, “omofobia” e chi più ne ha più ne metta siano ancora difficili da pronunciare, perchè non ancora assimilate nemmeno da parte delle lesbiche. Maria Laura Annibali invita dunque ad uscire, a stare in prima linea per combattere, per farsi sentire, perchè, checchè se ne dica, il tempo del silenzio non è ancora finito. Sarebbe bello poter cominciare laddove comincia l’educazione dei giovani, nel luogo in cui si forma la personalità: le scuole. Questa è la speranza, e lo scopo, de “L’Altra Metà del Cielo”, sbarcare nelle scuole perchè studenti, insegnanti e genitori aprano gli occhi su una realtà che c’è e che dunque va osservata e rispettata piuttosto che temuta e messa a tacere come è sempre successo, un po’ anche per colpa nostra.

Per aprire una finestra sul mondo lesbico abbiamo incontrato la sceneggiatrice Maria Laura Annibali.

Maria Laura Annibali: Ho avuto la anteprima di questo documentario a Parigi, nell’ottobre scorso. La prima nazionale è stata presso La Casa Del Cinema a novembre scorso. In occasione di quest’ultima tenutasi a Roma, è stato pubblicato un articolo veramente sorprendente sull’Unità da Adele CAMBRIA, che mi ha addirittura paragonata alla figura di una solare Dea Madre, il deus ex machina di tutto il documentario lei ritiene, e francamente lo penso anche io. In realtà infatti io non avevo previsto niente, ma è pur vero che, essendo io l’esponente a Roma più anziana del mondo gay dopo Edda Billi, una separatista, ho avuto molte interviste in questi ultimi anni. Io però volevo dire delle cose che, nelle interviste che avevo avuto in precedenza, non avevo potuto dire, che riguardano soprattutto la mia spiritualità. Quindi essere stata paragonata a questa Dea Madre, ad una cultura matriarcale che magari ci fosse anche adesso, mi ha veramente entusiasmata e intrigata.

Gaia Borghesi: Quando si parla di “lesbismo” nel documentario…

M.L.Annibali: Non avete notato che ho sbagliato anche io nel documentario? Ho inciampato sulla “sb” della parola. E anche sulla parola “omofobia”. Io ho fatto un lavoro intensissimo perchè, essendo la responsabile di un gruppo di autocoscienza, io parlo sempre di omofobia, dal momento che seguo questi ragazzi che hanno un disagio mentale profondissimo a cause omofobiche, eppure nel documentario mi sono intrappolata. E anche nella parola “lesbismo”.

G.B.: Per definire una donna omosessuale c’è una sola parola, “lesbica”. Non pensa che sia una sorta di discriminazione fra il gay uomo che ha molte parole per definirsi, sia buone che cattive e lo sappiamo, e le donne che ne hanno una sola, che racchiude anche gli aspetti negativi e quindi molte fanno fatica ad identificarsi come lesbiche?

M.L.Annibali: Anche la mia compagna ha problemi a dire “lesbica”. Ma non è propriamente vero quello che dici. In fondo “lesbica” e “omosessuale” sono le parole che ci riguardano e poi ci sono le parolacce, ce le abbiamo anche noi, non vorrei ricordarle adesso. Non è che i gay ne hanno molte di più rispetto a noi. Personalmente non l’ho vissuto. Tu la ritieni una discriminazione?

G.B.: Più che una discriminazione diciamo che noi paghiamo lo scotto del silenzio, nel senso che l’omosessualità femminile passa più inosservata rispetto all’omosessualità maschile e quindi c’è meno bisogno d parlarne.

M.L.Annibali: Perchè è più nascosta proprio da parte nostra. Ti devo dare atto d questo, è proprio un problema. Io stessa nel finale avevo tenntennamenti, perchè mi chiedevo se ce l’avrei fatta o meno, poi ho voluto dare un segno d speranza, anke a me stessa, dato che io mi sono separata dopo 23 anni e adesso sono 8 anni che sto con la mia attuale compagna e se Dio vuole sarà fino alla fine. Non ho voluto parlare molto di questo aspetto che mi riguardava. Ma comunque volevo dare un messaggio positivo e credo d avercela fatta. Perchè il problema essenziale è che c’è troppo silenzio, ma io lo dico: dobbiamo venire fuori, possibilmente dichiararlo. Tenendo presente che io non sono separatista ed è evidente, anche se non l’ho detto per rispetto di Edda Billi, un’altra dea madre. Io faccio parte direttivo di un’associazione gay, il “digayproject”, la presidente è Imma Battaglia. Stiamo parlando del Roma World Gay Pride del 2000, e quindi di un’icona gay, non solo lesbica, a livello nazionale e internazionale, che non è separatista, quindi io non seguo questo pensiero. Imma si candiderà per le prossime elezioni europee proprio per portare avanti un discorso sui gay e soprattutto sulle lesbiche.

G.B.: Dal momento che tutt’oggi c’è molto silenzio, si fa fatica a prendere coscienza di sè, è più facile identificarsi come dei “maschi mancati” che non come lesbiche. C’è oggi un’icona che possa aiutare le ragazze che si stanno scoprendo, visto che si intravvede uno spiraglio di visibilità in più?

M.L.Annibali: La tassista del documentario ha 45 anni, quindi stiamo parlando di quarant’anni fa, un momento in cui non c’era alcun riferimento, perciò lei ha pensato “mi piacciono le bambine, sono un maschietto”. Sono passati tanti anni. Io avevo solo 45 minuti quindi non ho potuto fare un’hit parade d tutte le situazioni possibili del nostro mondo, ho dovuto fare una sorta d selezione naturale ed essendo adulta ho sicuramente privilegiato la storia, guardando al passato, cogliendo il presente e dando qualche fugace occhiata di speranza al futuro. E’ chiaro che le cose oggi sono cambiate. Io direi che un’icona attuale potrebbe essere Imma Battaglia, una donna di 49 anni, quindi non giovanissima, ma che può comunque essere un riferimento per le adolescenti. Io la vedo come una persona affidabile: ha avuto solo relazioni serie, pur avendo quest’aria quasi da “sciupafemmine”, è una persona seria, è dirigente di una multinazionale, quindi un lavoro importante, lei è una matematica, è una persona molto intelligente e molto dedita al sociale.
Io faccio tantissimi lavori, ma tutti gratis, per esempio quello del Garante alla Consulta per le Pari Opportunità della Regione Lazio, che è una carica istituzionale elettiva, io sono stata eletta all’unanimità, questo è il mio secondo mandato, e sono l’unica lesbica dichiarata delle Pari Opportunità della Regione Lazio, sicuramente ce ne saranno altre. Questa è un’attività che mi prende molto tempo e che faccio gratuitamente. Anke questo è un messaggio importante: io sono volontaria per la lotta contro la sclerosi multipla, sono un’animalista, ho fatto e farò appena avrò tempo degli scavi archeologici per passione, senza scopo di lucro. E parlando della mia identità con le persone più disparate per condizioni socio-culturali, la gente ti conosce, vede che hai tanti interessi, che sei omosesessuale, ma che sei una persona perbene. Questo è il senso della mia vita e della vita del 99,99% di omosessuali. Io credo fortemente in questo.

G.B.: C’è bisogno d un’immagine positiva. Immagino che sia proprio questa l’immagine che ha intenzione di portare nelle scuole.

M.L.Annibali: Una volta un signore mi ha detto: “Io penso che questo lavoro sia più per i genitori che per gli studenti”. Io intanto ho parlato di studenti di scuole superiori. Personalmente ritengo che abbia tre target e lotterò molto perchè ciò avvenga: i professori, i genitori e gli studenti. E’ un bel lavoro di sensibilizzazione, dato che io ritengo che il messaggio sia assolutamente positivo. Anche la ragazza che parla delle “babbione”, la stessa che dice la sua sul tradimento, parte che taglierò se costretta, è una critica a questa società che vuole i maschi tutti palestrati e le donne tutte strafighe. Bisogna dare maggiore importanza alla bellezza di una donna che ha superato i 30-40 anni, nn è questo un messaggio positivo? E non caratterizza solo la lesbica, che sia butch o meno, quindi o estremamente mascolina o femminile, ma che deve essere bella, asciutta e senza una ruga. Io, tramite questa simpatica intervistata, do anche speranza e forza a donne che hanno la ruga, che hanno i capelli bianchi, che non sono strafighe eccetera. Perchè no? Non è anche questa una cosa bella da portare avanti?

G.B: Assolutamente. E’ bello trovare una persona la cui vita si possa leggere tra le rughe del viso.

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