Sui maxi led Urban Vision / 2

IL PUNTO DI VISTA DI ANTONELLA GIORDANO. «E’ un auspicio convenzionale quello che campeggia sui maxi led di Roma e Milano.»

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di Antonella Giordano

Gli auguri sui maxi led delle grandi città: la differenza è contro la violenza Roma, via del Corso

Lascio che siate voi a giudicare. L’ingresso del nuovo anno si presta alle stucchevoli mieline che notoriamente non temono rivali. Il brutto appartiene al passato e dall’ora zero del primo dell’anno scatta il delirio delle cifre espressive. Complice la bacchica effervescenza, ovunque è uno sciorinare di trionfalismi. Considerando che il ricalco cronologico spaziale è imperante è legittimo chiedersi quanto corrisponda ad un autentico anelito del cuore. Ciò vale nei rapporti familiari e in quelli sociali e raggiunge iperboli in quelli imposti da vincoli dove il re nudo lo si lascia avanzare,  salvo poi schernirlo “nelle sedi competenti”.  E voglio pensare che la  magnifica pellicola di Mario Monicelli, del 1992 ma mostruosamente attuale, non a caso abbia dato voce agli aspidi della human generation proprio in occasione delle celebrazioni natalizie

Buon anno di pace, serenità, salute. Positività a gogò salvo l’ultima per la quale la positività è una iattura. Quelli che consuetudinariamente ammortizzano il “deficit buono” si limitano ad augurare pace e amore. 
E qui mi si consenta una riflessione. Un bambino pronuncia la parola amore con il sorriso e riesce a sorridere anche se ciò che gli fa da cornice non può proprio definirsi come la reggia di Alì Babà. Basta rassegnare lo snodo generazionale perché “pace e amore” sembrino evocare miraggi, schegge di luce lontana che mai e poi mai contamineranno l’abulia che segna lo sguardo, le ferite del corpo e dell’anima.

Perché questa riflessione? Perché tra la messaggistica pulvicolare dilagante mi sono imbattuta nel più bell’augurio che potessi immaginare: La differenza è contro la violenza on air sui maxi schermi Urban Vision di Milano e Roma per tutto il periodo delle festività. 

Rimarca quello diffuso il 25 novembre scorso con una nota a mio avviso più decisa: alla violenza si oppone la differenza. Riconosco tra le immagini Maria Laura Annibali e sua moglie Lidia strette in un tenero abbraccio per ricordare al mondo cosa significa amore. Per ricordare quanto sono incredibilmente speciali le persone originali! Quelle  persone che si rifiutano di camminare lungo percorsi predefiniti. Le persone che si mettono in gioco con i propri talenti malgrado la stagione anagrafica. Le persone per le quali la diversità è ricchezza e non problema. 

Sono tanto belle queste persone che hanno la capacità di mettere in crisi i dogmi, che riescono a penetrare il senso profondo dell’esistenza umana per donare al mondo il meglio di sé, che hanno sempre una storia straordinaria da raccontare. 
Persone come Maria Laura Annibali e sua moglie che ricordano, con il loro modello di vita, cosa sono i diritti umani. Sì, i tanto sbandierati diritti umani di cui pochissimi sanno quanti e quali siano. I più sensibili riescono a darne una definizione ma se gli si chiedesse di fornirne un elenco quasi sicuramente dimenticherebbero che vi rientrano quelli al rispetto per le diversità. Quelli comunemente definiti di terza generazione e non per farne una categoria residuale bensì cronologica. Quelli riguardanti la collettività, i diritti che proteggono le categorie vulnerabili, come ad esempio le donne, le persone LGBTQI+, i bambini, i rifugiati ed i migranti, oltre al diritto alla pace, allo sviluppo, all’assistenza umanitaria ed alla protezione dell’ambiente.

La peculiarità di questi diritti di terza generazione sta nel fatto che si tratta di  diritti che prevedono obblighi di non ingerenza da parte dello Stato, come quelli di prima generazione, ma anche un intervento attivo da parte dello Stato stesso tramite legislazioni specifiche al fine di garantire il godimento di uguali diritti a tutti i cittadini. Malgrado ciò nella legislazione nostrana non sembrano figurare tra le priorità. 
Ma questa è un’altra storia.

Nel messaggio di auguri diffuso da Urban Vision io voglio leggere che nessuno ha il diritto di sottomettere l’altro a sé e alle proprie idee. Ognuno dovrebbe rispettare la diversità e vedervi sempre un valore, un mondo da scoprire e non da conquistare. Il messaggio è evidente. Meno evidente e comprensibile è la sua “gestione” per il fine che si prefigge di veicolare. Cerco di spiegarmi meglio. 
Non ho trovato sul sito della Urban Vision un comunicato che supportasse valorialmente ciò che scorre lungo i video. E questa è la nota deludente, se non parossistica

Gli auguri che scorrono svelando il flusso di immagini e scene familiari credevo volessero raccontare l’amore nella sua forma più estesa ed inclusiva possibile, incentrandosi nelle molteplici forme che assume. Maria Laura Annibali che ho riconosciuto io, come i molti che la conoscono, dopo una vita spesa al servizio dello Stato, in una stagione in cui le energie e le forze sarebbero legittimate  a fruire della gioia della tranquillità, avrebbe meritato una diversa attenzione. 

Dopo la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne una campagna di comunicazione finalizzata a contrastare la violenza in tutte le sue forme, compresa quella causata dalla disparità di genere (geneder gap, pay gap, inclusivity gap ed altre ancora) attraverso l’immagine avrebbe potuto essere il miglior augurio di buone feste se condotta con stile. 
Lo stile è un concetto di difficile definizione. Le sole affermazioni condivisibili sono che stile e linguaggio qualificano lasciando un segno nel tempo.

Provo molta tristezza nel dover troppe volte riconoscere che lo stile nella comunicazione si traduce spesso in una mostruosa mancanza stile.