Attacco omofobico a Maria Laura

L’episodio il 23 ottobre 2017 in un ospedale romano

Ne dà notizia il sito del Di’Gay Project, associazione LGBT romana di cui Maria Laura è presidente.

L’articolo è di Karmel Attolico

La dinamica dei fatti, come riportato sui social dalla stessa Annibali, si svolge in uno dei scenari più soliti che frequentemente si verifica in ospedale quando si accompagnano parenti ed amici per piccoli interventi chirurgici che vengono effettuati in giornata. Per ammazzare l’attesa, in questo caso durata ben oltre sette ore, Maria Laura ha socializzato con le altre persone che erano sul posto e visto il clima cordiale creatosi intorno a lei, ha deciso di raccontare la sua storia sentimentale con Lidia, la loro unione civile fatta il 23 novembre dello scorso anno e come vivono quotidianamente il loro rapporto affettivo.

 Ma il caso ha voluto che tra i presenti ci fosse un uomo, abbastanza adulto, che ascoltava in silenzio e in disparte senza partecipare minimamente al discorso, e allorquando la moglie lo ha raggiunto in sala d’attesa visibilmente provata, la stessa ha provocato una reazione di estrema sensibilità in Maria Laura che ha chiesto all’infermiera che l’aveva accompagnata se la paziente stesse soffrendo molto. Tale atteggiamento di partecipazione solidale ha scatenato la reazione dell’uomo che è arrivato ad attaccare Maria Laura con insulti verbali della peggiore specie, nonostante la moglie lo invitasse a desistere da quell’atteggiamento negativo e inqualificabile, che denunciava in maniera palese la sua avversione per la persona che poco prima si era raccontata per quello che era, vale a dire una donna lesbica, ultrasettantenne – classe 1944 – appagata dalla sua relazione sentimentale con la compagna alla quale si era unita civilmente da quasi un anno, dopo quindici anni di legame sentimentale.

Purtroppo, data la circostanza del momento particolare, Maria Laura, seppur donna tenace che non si ferma mai davanti a tanta inciviltà, nell’imminenza dell’uscita di Lidia dal reparto annunciatole da un’infermiera, ha desistito dall’affrontare la persona omofoba per chiedere le sue scuse, lasciando che la stessa abbandonasse la sala d’aspetto uscendo dall’ospedale in maniera adirata e con atteggiamento intollerante.

Ma purtroppo non è l’unico episodio verificatosi in quel frangente perché come coda finale di quanto accaduto fino ad allora, a Lidia – come lei stessa racconta dalla pagina Facebook di Maria Laura – è toccato di subire un atteggiamento omofobico più istituzionale, subdolo, fatto di “silenzio tombale”, allorquando finito l’intervento ha chiesto all’infermiera di far sapere l’esito dello stesso a Maria Laura che aspettava fuori dal reparto e ha dovuto constatare che la sua richiesta cadeva nel vuoto assoluto, mentre, più o meno contestualmente, una signora presente nel reparto e interloquendo con Lidia, accortasi del legame tra le due donne, faceva presente che fuori dal reparto c’era la sua amica che l’aspettava. Di fronte a simile esternazione, Lidia replicava che la signora in questione era sua moglie. Una risposta che produceva un black out  delle voci di tutti i presenti nel corridoio del reparto.

Insomma, due episodi che ritraggono un’Italia post Unioni civili ancora impreparata a gestire il nuovo corso di una società inclusiva delle persone omosessuali, a tratti incredula della determinazione di queste ultime a venire allo scoperto con disinvoltura e onestà intellettuale, quest’ultima considerata ancora scomoda dai benpensanti attaccati allo stereotipo della coppia uomo-donna. Ma per fortuna, l’amore non conosce limiti e trova la forza per combattere l’omofobia e le sue manifestazioni.

La notizia ripresa anche, nello stesso giorno, dal sito di informazione LGBT Gaypost, che conclude descrivendo la solidarietà ricevuta da Maria Laura attraverso i social:

Intanto è scattata la solidarietà sui social network, come quella data da associazioni (tra cui il Mario Mieli di Roma e Stonewall GLBT di Siracusa) e da singoli/e militanti. Ma già ieri stesso Lidia si lamentava di un trattamento poco rispettoso nei confronti della loro realtà familiare su Facebook: «Dopo l’operazione con la flebo attaccata al braccio chiesi all’infermiera di far sapere qualcosa ai nostri parenti fuori, neanche mi rispose se ne andò» racconta, dal profilo della moglie. Continuando: «Una signora mi disse fuori c’è la sua amica che la sta aspettando; io le risposi non è mia amica ma mia moglie, nella stanza ci fu un silenzio tombale, dentro di me feci una considerazione “ancora nessuno ha accettato questa legge delle unioni civili, probabilmente ci vorranno secoli”».