di Alessia Arcolaci
pubbblicato su Vanity Fair
Perché lottare ancora quando lo hai fatto per anni? Perché sentirsi discriminati anche nell’età della vita in cui si dovrebbe essere solo coccolati? La vecchiaia. È questa la domanda che si sono fatti un gruppo di attivisti Lgbt over 60, tra cui Nicola Di Pietro, promotore dell’iniziativa. Hanno così deciso di fondare a Roma il primo progetto di cohousing per anziani omosessuali. Aperto anche agli etero. Una casa di riposo che Maria Laura Annibali, 72 anni, documentarista e presidente dell’associazione Dì Gay Project, preferisce chiamare comune. «Mi piace chiamarla così perché oggi che ho quasi 73 anni mi riporta alla gioventù, mi ricorda gli hippie. Io non lo sono stata perché mia madre non me lo ha permesso e io non ho avuto la forza di scappare di casa ma io li ho amati. Questo progetto mi ricorda molto le comuni».
Per oltre 20 anni Maria Laura Annibali si è nascosta. Al lavoro e agli amici raccontava di avere una relazione con un politico sposato. Tutto questo perché è lesbica e pronunciare con semplicità questa parola, 40 anni fa, non era scontato. «Ho preferito far pensare agli altri che io fossi un’amante piuttosto che confessare che avevo una compagna». Tutta la sua vita l’ha dedicata all’attivismo e oggi che partecipa alla creazione della prima casa di riposo per anziani gay è entusiasta. «Credo di essere stata coinvolta sopratutto per la mia età – sorride -. Sono 30 anni che proponiamo questa realtà, insieme ad altre associazioni come la Casa Internazionale delle Donne, lo avevamo già fatto con le due precedenti amministrazioni comunali e vederla quasi realizzata, anche se in forma diversa rispetto a una casa di riposo, mi rende felice».
In Italia i dati sulla comunità omosessuale scarseggiano, secondo l’Istat erano quasi ottomila le coppie censite ormai nel lontano 2011. A loro ma sopratutto alle persone sole che si trovano ad affrontare l’anzianità in solitudine che si rivolge il progetto di cohousing. Maria Laura, dopo 15 anni di fidanzamento con Lidia, il 23 novembre scorso ha indossato uno smoking bianco con tanto di cilindro e l’ha sposata. «Dovrei dire che mi sono unita civilmente ma preferisco chiamare Lidia “mia moglie”. La nostra comune è dedicata alle coppie così come a chi è solo: per stare insieme e aiutarci reciprocamente». Ed è anche una questione economica, come ribadisce Laura: «Chi percepisce una pensione da 600 euro come può sopravvivere da solo? Il famoso bicchiere d’acqua quando siamo anziani, ai molti che sono soli chi glielo dà? Preferiremmo darglielo noi piuttosto che una persona ostile».
Perché tutte gli over 60 che oggi sono dichiaratamente gay hanno lottato duramente per poterlo essere, manifestato in strada insieme ai principali movimenti lgbt italiani. «Abbiamo fatto da apripista. Non io che sono stata affetta da omofobia interiorizzata e mi sono nascosta per oltre 20 anni. Chi l’ha fatto davvero ha avuto tante porta sbattute in faccia, problemi con le famiglie, prese in giro, discriminazioni, sofferenza. Perché subire anche in vecchiaia in un ambiente che non è fraterno?». E a chi replica che questo cohousing per anziani sembra un modo per ghettizzarsi Maria Laura risponde: «La casa che faremo è aperta a tutti, non solo agli omosessuali. Non è un modo di chiudersi ma noi vorremmo in vecchiaia aiutarci e dare una possibilità a tutti».
Anche Marco Bergamaschi su Confidenze qualche settimana dopo